Da anni, con la frequenza con cui Di Maio fa uno strafalcione, dobbiamo fare i conti con un nuovo fenomeno musicale italiano; dal rap che ha dato vita a una schiera di credibilissimi gangstah tardo-adolescenziali, alla nuova musica “indipendente” che ha palesato come non c’è alcun bisogno di saper fare musica per fare musica; che può anche andare bene se uno ha qualcosa da dire ma, ahimè, questo non è quasi mai il caso.
[Un tizio del mio paese voleva dipingere senza saper dipingere e infatti fa l’imbianchino.]
Questi indipendentisti manifestano una certa dipendenza dallo stesso brodo musicale che è, non a caso, quello che va per la maggiore.
Forti di una produzione furbetta, degli ormoni delle teenager e di un ritornello orecchiabile a margine di un testo che nella sua semplicità sembra dire tante cose ma se guardi bene non dice più o meno un cazzo infestano locali che fiutano l’affare.
Da qui l’immorale pletora di gruppetti che tra un’arci e l’altra girano lo stivale alla disperata ricerca di bocchini. Questa cosmogonia indipendente, non dimentichiamolo, ha dato vita a una mostruosa creatura d’argilla priva d’anima, nota ai più come Tommaso Paradiso.
Dopo aver letto il nome Liberato più volte nei miei feed di Facebook – con la stessa attenzione che di solito riservo alle foto di cibarie – mi è stato consigliato di ascoltarlo, e così ho fatto.
Immaginate la serendipità del momento: mi aspettavo un ragazzo armato di chitarra, ricci e banalità e invece mi ritrovo un producer misterioso con dei brani estremamente pop cantati in un napoletano che rende melliflui dei testi già sdolcinati e dei video musicali – regia di Francesco Lettieri – che paiono girati da Moccia se avesse del talento registico; ma risulta coerente, nuovo ed ha il grandissimo pregio di non aver rotto il cazzo già ai nastri di partenza.
Occorre fare una precisazione: in macchina preferirei ascoltare una registrazione amatoriale di una coppia di macachi che fanno sesso sadomaso, ma è solo una questione di gusti.
Liberato è pop con l’intenzione di esserlo e ci riesce senza avere la pretesa di essere di nicchia.
Ma chi è Liberato? Quanti anni ha? E soprattutto, che ce ne frega?
Di lui sappiamo che risponde in napoletano a chi gli scrive e tutto il resto delle informazioni sono desumibili da questa: tifa Napoli, ama la musica e Maradona e non sa dove buttare ‘a munnezz’.
Nei video Liberato è una presenza misteriosa inquadrata sempre di spalle, capiamo che è lui dall’elegante scritta “Liberato” che campeggia a mo’ di maglietta da calcio sul retro del suo discutibile giubbotto; lo capiamo noi come lo capisce chiunque lo incroci per strada con buona pace dell’anonimato.
La trovata dell’anonimato – originale quanto i burloni che rubano il cellulare ad un amico per scrivere “puzzo” sulla loro bacheca Facebook – è forse un trucco per creare un redditizio alone di mistero.
Ma magari Liberato è una persona già più o meno famosa e quindi l’anonimato è una conditio sine qua non del suo progetto. Da qui il nome “Liberato”, dal peso della fama e dal buon gusto.
Chi può essere Liberato:
1)
Sarebbe l’epilogo naturale del progressivo rammollimento della band statunitense.
2)
Il successo di “A me piasc’ a’ Nutella” portò il piccolo Lucio ad una vita sregolata. Il suo secondo pezzo “A me piasc’ a’ Fregna” non ebbe lo stesso strepitoso successo e adesso aveva bisogno di nuovo inizio.
3)
Nei quasi tre anni a Napoli da riserva di Higuain ha avuto il tempo di sfogare tutta la sua frustrazione in questi beat sentiti. Dopo la partenza da Napoli ha deciso darsi il nome d’arte “Liberato”.
Il mio timore più grande – ma solo mio – è che possa scoppiare in radio.
Non credo di poter sopportare, durante un aperitivo in spiaggia, una tripletta “Despacito” “Pamplona” “Tu t’e scurdat’ ‘e me”; e ancora non sappiamo come la trinità Fedez /J-Ax/Rovazzi intenda rovinarci l’estate.