Ottanta chilogrammi.
Ottanta maledetti chilogrammi; guardare la bilancia non è stato semplice, anche e soprattutto perché per farlo ho dovuto tirare indietro la panza.
La cosa mi ha turbato tanto che la sera stessa, per consolarmi, ho deciso di mangiare due würstel fritti.
Questi piccoli figli di puttana, composti da frattaglie avvolte da pastella fritta e conditi con ogni genere di salsa, a dire il vero, non sono nemmeno troppo buoni; ma che ci posso fare se ho carenze d’affetto?
In tutta onestà basta poco affinché il mio cervello possa trovare un buon motivo per mangiare senza farmi sentire in colpa, la settimana scorsa sono uscito di casa dimenticandomi le chiavi e bam!
Pizza con scamorza, patatine, salsiccia, peperoni, rucola, prosciutto, grana e würstel fritti.
“No guardi, non friggiamo i würstel qui.”
“In realtà li ho portati da casa, potrebbe aggiungerli?”
“Tutto questo è disgustoso.”
“Ha perfettamente ragione, frigga tutta la pizza.”
“Da bere?”
“Acqua, non voglio mica il diabete.”
Ultimamente non riesco a fare a meno del cibo, mi rendo conto di quanto sia compensatorio ma non riesco a non concedermi schifezze.
È impossibile resistere e, a pensarci bene, l’intenso desiderio suscitato da alcune cibarie non è dissimile dal desiderio risvegliato da immagini pornografiche.
[Non voglio nemmeno pensare all’inverno con le sue voglie improvvise di cioccolame. Una volta ho mangiato due pacchi di Tronky da otto pezzi, fuori erano croccantissimi e dentro morbidissimi ed io ho sperato fino all’ultimo che perdessero queste qualità quando li avrei dovuti cagare.]
Il binomio sesso-pubblicità, si sa, è sempre stato vincente. Basta pensare alla miriade di messaggi subliminali sottesi nella maggior parte degli spot.
La mia non è una condanna, intendiamoci, immagino benissimo le difficoltà di chi si deve cimentare in uno spot che promuova una nuova linea di pantofole:
“Pensavo ad un tizio che cerca di scalare una montagna con addosso le nostre pantofole. Infatti sono così comode che…”
“Fermi tutti! Ho un’idea! Perché non inquadriamo Aída Yéspica in cima ad una montagna con un piccone in mano, ai piedi le nostre pantofole e per il resto completamente nuda?”
“Bello, ma si può migliorare.”
“Al posto del piccone ci mettiamo un vibratore.”
“Genio.”
Questo genere di problema non si pone quando devi pubblicizzare del cibo.
Il cibo, come già detto, è pornografico di suo.
Ad esempio utilizzare dei corpi femminili per pubblicizzare dei dolci non funzionerebbe.
La gente sarebbe confusa e finirebbe col penetrare una ciambella mentre cerca di masticare il dépliant di Calzedonia.
È ormai un po’ di tempo che il cibo non è necessità ma è vizio e la società si muove sempre più in questa direzione.
Le persone che si ingozzano come beagle, per dirne una, sono commiserate e considerate malate invece di essere spronate a muovere il culo.
“Oh, povero me! Povero me! Sono malato perché non riesco a smettere di mangiare merda condita con salse a loro volta condite con altre salse, povero me! Mi serve qualcosa per risollevare il mio morale, un triplo hamburger ad esempio. Ne ho mangiati solo 4 nelle ultime 3 ore.”
E ancora, deprimenti talent show di cucina sono seguiti come la finale dei mondiali di calcio e corpulente food blogger – che fanno fatica a non mangiarsi la tastiera mentre scrivono – hanno improvvisamente senso di esistere.
Mangiare è compensatorio e garantisce una sensazione di appagamento e affetto, oltre ad un infarto fulminante attorno ai quaranta; il problema principale è che non abbiamo né voglia né soldi per viziarci in altri modi e il cibo spazzatura, tutto sommato, è un modo facile ed economico per dare un senso alla giornata.