Da più di una settimana non si fa che parlare di Pokemon Go. Dovunque.
L’epicentro di questo terremoto di opinioni che nessuno ha mai chiesto si trova sui social, Facebook in primis. La stragrande maggioranza degli autonominati commentatori di ogni aspetto dello scibile umano ed alieno che compongono la fanteria di Fb si esprime sprezzante contro il gioco. Ovviamente, a corredo di ogni anatema non c’è quasi mai uno straccio di argomentazione che non sia un “ai miei tempi/questi giovani/dove andremo a finire”, e si condanna l’inutilità della applicazione e la perdita di tempo che causerebbe.
Volendo vincere facile basterebbe rispondere: “In quale oscura maniera stare su Facebook a pontificare contro Pikachu contribuisce al progresso dell’umanità più che scendere in strada a cercarlo?”.
Ma sarebbe una risposta altrettanto superficiale e vacua.
Pokemon Go è una cosa nuova, e come tutte le cose nuove incuriosisce alcuni, irrita altri, ne impaurisce altri ancora. E siccome, a dispetto di tutte quelle grandissime teste di minchia che sognano un mondo diviso da miriadi di frontiere, viviamo in un pianeta sempre più interconnesso, la novità ha già coinvolto milioni e milioni di persone.
Nintendo ha fatto un altro colpaccio coniugando, per prima nella storia dei giochi, due aspetti ugualmente decisivi:
– una platea vastissima, ottenuta con i Pokemon, personaggi che esistono da vent’anni e che in virtù di questo hanno una base sterminata di fan;
– la realtà aumentata, grazie alla quale il giocatore si muove nella comune realtà fisica “addizionata” da una dose di tecnologia che vi aggiunge elementi digitali.
Molte delle contestazioni che si leggono riguardano proprio questo, la ricerca dei mostriciattoli per strada assorbirebbe troppo i giocatori e questa distrazione potrebbe essere causa di incidenti.
E’ un rilievo sensato ma disonesto intellettualmente. Infatti i dati sugli incidenti stradali relativi al 2015, usciti in questi giorni, ci dicono che, a fronte di una costante diminuzione del numero dei sinistri, sono aumentate le vittime. Nella maggior parte dei casi non si trova traccia di frenata da parte di uno dei due automobilisti, indizio che porta a ritenere che fosse distratto dal cellulare.
Quindi sì, abbiamo un serio problema di disattenzione alla guida legato al cellulare ma ce l’abbiamo da anni e non facciamo nulla per risolverlo, perché purtroppo non lo percepiamo come tale: leggere un messaggio mentre procediamo a 50 km/h, pure scorrendolo in 2 secondi come Super Vicki, non ci fa guardare la strada per quasi 30 metri. Ma nessuno ha mai accusato di strage gli Sms, Whatsapp o Telegram.
Quindi, se vedete uno dei vostri amici che cammina concentrato solo sullo schermo, al massimo tirategli uno scappellotto, ma evitate di proporlo per una lapidazione sulla pubblica piazza manco fosse un terrorista, un fan dei Cani o un professore turco.
Ognuno di noi definisce lo spazio circostante, lo adatta e/o vi si adatta a seconda della attività che sta svolgendo in quel momento. Se vado a lavoro seguo la strada più veloce per arrivarci, se il mio ufficio è piccolo mi sposterò in uno più grande che meglio si adatti ai miei bisogni, se sono un venditore ambulante cercherò la via migliore per i miei affari, se esco con una ragazza la porterò nel posto più bello possibile affinché associ a me la sensazione di meraviglia che il paesaggio le trasmette, e così via.
Il gioco non fa eccezione, anzi.
L’esperienza ludica è sempre stata intimamente legata allo spazio urbano, ed, a sua volta, l’esperienza ludica nello spazio urbano è una esperienza che per completarsi e realizzarsi non può fare a meno di una dose di astrazione spesso molto elevata: dove chi non è coinvolto vede solo due zaini ed una palla che rotola sull’asfalto, ci sono dei giocatori che si sentono sul prato di San Siro (vabbè ho sbagliato esempio, facciamo sul prato del Camp Nou).
Quel che non mi piace di Pokemon Go ha proprio a che vedere con questo: l’astrazione del gioco non è in alcuna maniera determinata dal giocatore che, nel suo rapporto con la città, non ha nessuna autonomia e non ci mette nulla di suo perché è tutto preordinato dalla casa produttrice. Le strade da percorrere per catturare i pokemon, i luoghi in cui sostare per allenarli o raccogliere oggetti sono frutto di scelte centralizzate sulle quali chi ha scaricato ed usa l’applicazione non ha nessuna influenza anzi, è vero il contrario. Presto l’enorme potere di portare milioni di persone in determinati posti verrà ceduto al miglior offerente ed esercizi commerciali pagheranno fior di quattrini per diventare palestre e pokestop.
E’ la riduzione a merce di una delle attività umane più antiche, belle e formative, il gioco per strada.
P.s. tutto sto pippone comunque è perché ho un Windows Phone e non ci posso giocare.
Ottimo articolo! Donna chanel approva!