La nuova puntata della rubrica si occupa di una parola che, da anni e con una frequenza che ormai rasenta l’ossessione, occupa le prime pagine dei giornali, i programmi elettorali dei politici e gli incubi degli italiani: RIFORMA.
Eppure per secoli il suo risuonare ha evocato un possibile e prossimo miglioramento delle condizioni di vita per una porzione rilevante di popolazione.
Gregorio XIII ci ha raddrizzato il calendario, Lutero ha liberato il cristianesimo da molte delle oscurità medievali dando il via alla riforma protestante la cui etica è stata uno dei fattori decisivi per la prosperità economica dei paesi del moderno Nord Europa, Garibaldi poté aprire la strada ai Mille promettendo le terre ai contadini e, dopo la seconda guerra mondiale, più o meno tutti i governi d’Occidente hanno costruito un sistema di protezioni e garanzie sociali capace di assicurare tutele, diritti e soprattutto possibilità a milioni e milioni di persone.
Da qualche anno in qua invece è tutto cambiato.
Sarà che il crollo della cortina di ferro ha eliminato la paura della rivoluzione, provocando lo smantellamento del welfare state, sarà che il ribaltamento dei rapporti di forza fra politica ed economia ha privato i governi centrali di reale autonomia, sarà che il sindacato ha messo da parte le lotte emancipatrici per rifugiarsi nella più redditizia assistenza fiscale e previdenziale per poveri, sarà che sarà quel che sarà, ma dietro un annuncio di riforme si nasconde sempre, ormai malcelato, un suppostone di dimensioni inimmaginabili.
Certo, noi italiani siamo un popolo difficile e fesso, difficile perché vogliamo le riforme, ma solo quelle che riguardano le categorie alle quali non apparteniamo, per continuare a farci i beati cazzi nostri; fesso perché ci illudiamo ad ogni mezzo annuncio e, per esempio, giubiliamo per l’abolizione del Senato, che ovviamente non è stato affatto abolito e che in futuro sarà formato da un distillato di consiglieri regionali, quei galantuomini che con i soldi nostri si facevano rimborsare pure le mutande e la nutella.
Verrebbe voglia di manifestare davanti ai palazzi del potere urlando “Rubate, ma almeno lasciateci stare!”.