Trascinando i piedi per strada in un anonimo giovedì sera ho chiaramente avvertito il freddo alito natalizio sul collo. Le strade, fino a tre giorni prima deserte, adesso sono luccicanti e popolate.
Devo essere la persona più ipocrita del mondo perché, al di là di tutto, la mia parte infantile reagisce.
Gli alberi e le luci e le persone e le cose che posso permettermi una volta l’anno e tutto il resto; per un secondo, quando mi guardo attorno, sento qualcosa.
Un secondo dopo però mi ricordo che i giorni da bambino sono abbondantemente morti e torno a guardare tutto nella maniera più disincantata possibile.
Per il me venticinquenne le feste natalizie non sono altro che un retaggio estivo dal punto di vista mondano, ormonale e d’approccio; ed è solo una convenzione.
Come lo schiaffo sul culo durante la pecorina o i complimenti allo chef quando si è ospiti.
E’ il momento che lo richiede.
La vera differenza è data dalla fastidiosa ridondanza di un contingente buonismo retorico e ipocrita che è fomentato da film degli ’80, da pubblicità furbescamente filantropiche e da dozzinali frasi fatte.
Chiaramente è una cosa molto personale ma pensateci bene, superati i 10 anni non c’è davvero molto di bello a Natale.
Anzi il mio travolgente disfattismo è elevato a potenza dalla felicità comandata delle persone che si immergono in questo trionfale mare ultra-consumistico con l’entusiasmo tipico degli stupidi.
Tutto quello che una volta era “magico” e adesso non lo è più:
– I cappelli pesanti con i pon pon e le muffole sono socialmente accettabili solo a Natale.
– L’albero, fotografato fino a farlo seccare, diventa una presenza scomoda in casa. Chi si sveglia di notte per bere un po’ d’acqua o per pisciare finisce immancabilmente per inciamparci; assonnato non ha la minima voglia di rimuovere tutti gli aghi incastrati addosso.
Si risveglierà albero egli stesso.
[L’odio per gli alberi è colpa di mia madre. Più precisamente del suo albero postmoderno fatto di rami spogli e non più alto di Brunetta.
Lo ha proposto per un quinquennio, più o meno dai miei 13 ai miei 18 anni, ammazzando il mio senso romantico del natale.]
– Le luci per strada e le altre decorazioni. Pacchiane e psichedeliche sono in ogni dove.
La mia unica speranza è di fumare abbastanza da incantarmi a guardarle per circa due giorni per poi risvegliarmi con una fame tale da poter mangiare e digerire senza problemi le tonnellate di cibo e di parenti.
– L’eterna sfida tra pandoro e panettone che in realtà è chiusa da tempo.
Gli unici a mangiare con gusto il panettone sono gli over 40, le persone senza lingua e i cani.
– L’ambiguità dei regali che non sai se fare o non fare che si traduce nella vivissima speranza di non ricevere nulla per non essere in difficoltà.
– La solita pseudocommedia fatta di equivoci con i soliti personaggi spazzatura che per riderci davvero devi essere ritardato.
– Il fatto che non so giocare a carte e l’illusione che se avessi avuto soldi da giocare non avrei voluto comunque imparare.
– I raccapriccianti Babbo Natale impiccati ai balconi che se Babbo Natale esistesse davvero servirebbero solo come spaventapasseri.
In realtà sono spaventapasseri per i ladri, a proposito…
– I ladri che lavorano solo durante i festivi.
– Le mai banali battute sul quanto si è ingrassati e lo spettro del capodanno [ma questo è un argomento così spinoso da meritare un articolo tutto suo].
– I dinosauri nel presepe che sono una delle poche cose decenti del Natale e la cocente delusione data dal T-Rex che non fa una mattanza di pecore, pastori e santi.
– Il rosso strabordante. La magia natalizia non può prescindere da questo colore per celebrare l’unico vero Dio: la Coca Cola.
NB sono riuscito a scrivere un articolo sul Natale ignorandone completamente l’aspetto religioso. Esattamente come farebbe un cattolico.