Io non sono Charlie, non ne sarei in grado.
Quando abbiamo iniziato a progettare L’Amaro abbiamo subito capito di non avere la forza (né i mezzi) per produrre satira pura, dissacrante e molesta, offensiva quando necessario o anche se non necessario. Non era nelle nostre corde, noi non siamo Charlie, guardiamo al mondo con scetticismo e un po’ di sconforto, ma senza cattiveria.
Charlie è bastardo, libertario, sacrilego e senza timori reverenziali per chicchessia. Un alieno, con pochi simili, nella nostra società. Da due giorni Facebook, Twitter e il mondo dicono però di essere pieni di Charlie. Anche se fosse vero, sarebbe un male. Un mondo di provocatori sarebbe detestabile, caotico, stucchevole. Invece il mondo è in qualche modo tollerabile proprio perché permette a Charlie di esistere e soprattutto perché Charlie è unico.
Oggi invece, in un mondo disilluso e incattivito da una crisi economica e culturale, ci sono molti più ipocriti che blasfemi, molti più intellettualmente servi che liberi, molti più violenti pronti a menare le mani che ad aprire la bocca. Ci sono molti più assassini di Charlie che Charlie.
È proprio quella serva ipocrisia che fa dire a molti italiani “Je suis Charlie”, con la stessa partecipazione emotiva con cui qualche ora prima si è condivisa una canzone di Pino Daniele. Solidarietà umana, certamente, ma distillata dal fluido flusso di comunicazione incessante che orienta l’opinione pubblica sulla superficie liscia dell’ignoranza e dell’indifferenza.
Va benissimo commuoversi per i martiri della libertà d’informazione, ma poi bisogna tornare a difendere i vivi! Siamo in Italia, quanti italiani sanno che solo nel 2014 393 giornalisti italiani hanno ricevuto minacce? Quanti che nel 2014 sono stati ammazzati 61 giornalisti sparsi per il mondo?
Perché un giornalista, un magistrato, un attivista, un politico onesto deve morire per provocare empatia nei confronti della propria causa? Un’empatia che si esaurisce poi alla velocità di un top trend.
Io allora sono PER Charlie, PER il suo diritto di essere blasfemo, PER la sua determinazione a non fare sconti ad ogni forma di potere, PER la sua libertà di essere anche stupidamente cattivo.
E sono stordito, sconvolto dalla violenza di questo attentato, avvenuto nella redazione di un giornale.
Ma invece già lucidamente sono contro quegli italiani (e non solo) insopportabilmente falsi che stanno condividendo il loro dolore per Charlie solo perché non costa nulla, perché in questo caso il nemico è proprio l’uomo nero della nostra disinformata immaginazione. Hanno adottato quella frase “Je suis Charlie” senza coglierne il significato, rilanciandola come puro atto simbolico, sinceramente solidale, ma privo di autentica condivisione.
Se sei Charlie allora, se lo siamo tutti, facciamo un esperimento alla Charlie. Queste sono alcune vignette di Charlie Hebdo sulla religione cattolica. Che fai? Le condividi sul tuo profilo Facebook? Ti batteresti per la loro libertà di essere pubblicate? Sei ancora Charlie?
Io non sono Charlie, sono Enzo, sono contento così, dico quello che penso e pur essendo laico non condivido queste vignette. Nella vita serve un confine, lo dico da provocatore che sono. Serve un confine anche alla capacità di contenere e trasformare la violenza che c’è nelle armi e nelle matite/penne. Tutte e due uccidono. È già stato così.
Io invece sono Charlie. Perchè la satira dissacrante mi piace anche quando prende per culo ciò che mi sta caro.
Caro Giuseppe. Strumentalizzare questa tragedia per far condividere il tuo blog è veramente troppo.
Le vignette sono stupende e non ho nessun problema a condividerle, ma il tuo ragionamento è veramente superficiale .
Nessuno deve morire in quel modo barbaro, fosse anche il più acerrimo dei miei nemici. E la libertà di pensiero sta anche nel poter criticare le vignette di charlie hebdo pur condannando qualsiasi tipo di violenza.
La satira deve essere feroce e antidogmatica, non avere rispetto di nessuno… sennò è comicità da settimana enigmistica.
Perciò le condivido eccome;)
JeSuisCharlie è stato diffuso per far capire ai terroristi che non si potra mai ucidere la libertà di espressione, hanno uciso la redazione del giornale ma in questo momento ci sono miliaie di Charlie che si riuniscono in tutte le grande città di Francia, si taglia una testa ne crescono dieci altre. Non si tratta di aderire o no alle idei del giornale ma che si possa esprimere senza temere rappresaglie.