Non possiamo sapere se Alexis Tsipras e Syriza combineranno qualcosa di buono, e di sicuro sono pieni di difetti, ma perlomeno sappiamo cosa non sono. Quindi ci tocca spiegarlo ai politici italiani che da ore fanno a gara ad appropriarsi il successo greco. Ecco una breve guida a Tsipras e Syriza, dedicata ai piccoli estimatori di sé stessi definiti simpaticamente “esponenti della sinistra italiana”.
Tsipras non è Renzi. Tsipras ha (stra)vinto le elezioni politiche e ora diventerà premier. Renzi non ha mai vinto le elezioni politiche ed è diventato premier grazie ad una subdola manovra di palazzo per defenestrare il suo collega di partito Enrico Letta dalla carica di primo ministro.
Tsipras non è Renzi 2. Nell’ufficio di Tsipras ci sono le foto di Karl Marx e di Ernesto Che Guevara, sulla scrivania di Renzi le foto orgogliose con Sergio Marchionne e Giulio Andreotti.
Tsipras non è Renzi, nel senso che è un sincero democratico. Renzi è il segretario di tale “partito democratico” ma sta cambiando la Costituzione e l’ordinamento dello Stato tramite un patto segreto con un pregiudicato evasore fiscale e truffatore, da far votare poi ad un Parlamento delegittimato ad esistere da una sentenza della Corte Costituzionale. Tsipras si è limitato ad usare i mezzi della democrazia per arrivare al potere.
Renzi non è Tsipras. Tsipras ha dato un ordine alla propria futura azione politica: prima viene la lotta all’austerità con la rinegoziazione del debito; immediatamente dopo misure di sussistenza come energia elettrica gratuita per i più poveri, buoni pasto distribuiti nelle scuole e case per i senzatetto; quindi una riforma della pubblica amministrazione. L’azione di Renzi si risolve in tre azioni: dire, apparire (in Tv), fare (i selfie con i fans e i vip). L’unica riforma portata a casa gliel’ha scritta Confindustria e permette ai datori di lavoro di licenziare più facilmente.
Syriza non è il Pd. Syriza ha (stra)vinto le elezioni politiche, diventando ampiamente il primo partito della Grecia, ed ora formerà un esecutivo con l’appoggio di una sola altra forza politica, gli euroscettici dell’Anel. Il Pd, nel 2013, non ha vinto le elezioni politiche. Ha ottenuto il mandato a formare un esecutivo grazie ai voti dei partitini ad esso coalizzati e la vittoria sulla coalizione di destra è stata risicatissima (poco più di 100mila voti). Ovvero, se in coalizione non ci fosse stato il Südtiroler Volkspartei con il suo 0,4%, il mandato lo avrebbe ottenuto Berlusconi. Alla Camera non è neppure stato il primo partito, ha infatti preso meno voti del Movimento5Stelle; al Senato alla sua coalizione mancavano circa 50 voti per governare, non 2.
Syriza non è il Pd 2. Syriza farà una curiosa (sospetta?) alleanza solo con l’Anel, un partitino di destra, ma composto da euroscettici. Il Pd per riuscire a governare si liberò dell’unico partito di sinistra coalizzatogli, Sel e si alleò con i principali “rivali” alle elezioni di pochi giorni prima, il Pdl, ma anche con Scelta Civica (poi scissosi con il Ppi), Udc e Grande Sud e con l’appoggio esterno di PSI, SVP, PATT, USEI, MAIE, UV, CD, UpT e GAPP. In seguito all’uscita del Pdl, entrò l’Ncd. Mancano solo LSD ed MDMA, e forse con quelli avrebbero governato meglio.
Il Pd non è Syriza. Syriza è l’acronimo di Synaspismós Rizospastikís Aristerás, cioè “Coalizione della sinistra radicale”, ed è composto da ex partitini ecologisti, comunisti e di sinistra democratica. Nel Pd la cosa più radicale è l’alopecia di Nicola Latorre. Il Pd è la fusione dei cattolici della Margherita e dei Democratici di Sinistra (che proprio in occasione della fusione persero un’ala chiamata Sinistra Democratica, guarda un po’) ed oggi è occupato da una classe di rampanti affaristi berlusconiani.
Il Pd non è Syriza, ma il Pasok. Syriza ha vinto le elezioni con quasi un unico cavallo di battaglia, la lotta all’austerità imposta dalla Troika (Commissione Europea, Bce, Fmi). Il Pd è al suo terzo governo di larghe intese gradito e/o imposto dalla Troika. In Grecia c’è uno storico partito socialdemocratico che ha fatto praticamente la stessa cosa, si chiama Pasok ed ha preso il 4,68%.
Sel non è Syriza. È vero, sulla carta dovrebbero essere molto simili, Syriza come Sel è un unione tra comunisti non più vincolati a falce e martello, ecologisti e sinistra democratica. Nella pratica Sel è stata un accozzaglia di sigle e vecchi apparati, appesi al presunto carisma del suo leader e incapaci di esprimere una classe dirigente. Syriza invece, pur presentando alcuni di questi difetti, ha armonizzato meglio le sue forze interne ed espresso una classe dirigente credibile, o perlomeno un leader realmente carismatico.
Syriza non è Sel. Syriza nasce da una storia ultradecennale di cittadinanza attiva, al servizio dei cittadini soprattutto negli ultimi durissimi anni di crisi. Negli anni ha avuto una lenta ma costante crescita, sfociata nel successo dello scorso anno alle Europee e di oggi. Sel, sul territorio, s’è vista al massimo in Puglia, in Italia non è mai andata oltre il 3% e oggi probabilmente non esiste. Di Sel inoltre non si ricorda neppure una battaglia nel merito su un tema che li contraddistinguesse, se non l’elezione della Boldrini al soglio di Calcutta.
Tsipras non è Vendola, o almeno si spera. Altrimenti la Grecia si prepari al bluff, ad anni di subalternità al potere costituito a causa di un complesso d’inferiorità mai risolto e ad una telefonata agghiacciante con Arkinos.
Vendola non è Tsipras. E non lo sono nemmeno Civati, Landini, Cofferati e Christodoulopoulos.
Rifondazione non è Syriza. E non è neppure il KKE, il Partito Comunista Greco che ha preso il 5,47%. Rifondazione oggi è praticamente una comitiva – fatta di amici che si odiano e si scindono continuamente tra di loro, a seconda di chi è si è dimenticato di portare il fumo – che si masturberebbe all’idea di raggiungere il 47% ma con lo 0 prima della virgola.
Syriza non è Rifondazione. Lo spiega proprio il KKE: “non faremo un governo con loro, con Syriza non cambierà nulla, Tsipras si è già venduto alla finanza internazionale”. Probabilmente è vero, e i quindici rifondaroli italiani lo sanno, ma pur di godersi una mezza gioia illudono sé stessi inneggiando a Tsipras. Il loro fingere di non conoscere i compagni del KKE è quasi commovente.
Chissà, magari se un terzo della popolazione arriverà a non potersi curare anche da noi, spunterà una vera Syriza o un Podemos, cioè movimenti che si propongono essenzialmente di umanizzare il capitalismo, riaffermando i diritti civili e del lavoro, senza espropriazioni proletarie, rivoluzioni armate e neppure uscite dall’euro. Ma non sperateci troppo. Che l’Italia è sempre e solo l’Italia.